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ARRESTATO E CONDANNATO IN PRIMO GRADO PER VIOLENZA SESSUALE: ASSOLTO PER NON AVER COMMESSO IL FATTO NEL GIUDIZIO DI APPELLO E RISARCITO PER L’INGIUSTA DETENZIONE

Assolto dall’accusa di violenza sessuale.

Il nostro assistito, cittadino extracomunitario, fu raggiunto da ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari in quanto accusato di aver perpetrato il delitto di violenza sessuale nei confronti di una ragazza di 20 anni.

Il quadro indiziario a carico dell’indagato era rappresentato dalla denuncia della persona offesa che riferiva di essere stata aggredita nei pressi della propria abitazione in orario notturno da un uomo che era sopraggiunto alle sue spalle, le aveva palpato il seno e le altri parti intime e che, dopo aver anche tentato di strapparle i vestiti da dosso, era fuggito in quanto preoccupato dal sopraggiungere di altre persone; la ragazza indicava le fattezze dell’uomo che l’aveva aggredita e precisava che si trattava di un soggetto di carnagione scura, probabilmente nordafricano.

Dopo alcuni giorni dall’accaduto la ragazza incrociava casualmente per strada un uomo nel quale riconosceva il suo aggressore e quindi lo seguiva per poterlo identificare: il soggetto si recava presso uno sportello bancomat ove prelevava delle banconote e successivamente riusciva a far perdere le proprie tracce.

La Polizia, a seguito delle indicazioni fornite dalla ragazza, otteneva i fotogrammi estrapolati dalle telecamere di sicurezza poste nei pressi dello sportello bancomat e riusciva a risalire, tramite la banca, all’identità del soggetto che aveva effettuato l’operazione di prelievo delle banconote.

Veniva pertanto effettuata una perquisizione presso l’abitazione del nostro assistito ed in quella sede veniva rinvenuto uno zainetto simile a quello che la giovane vittima aveva indicato essere in possesso del suo aggressore al momento del fatto.

Stante la particolarità della vicenda, nella quale tutti gli elementi sembravano essere contrari al nostro assistito, abbiamo deciso di non proporre ricorso al Tribunale del Riesame ed abbiamo preferito sviluppare la nostra difesa in sede dibattimentale.

Il giudizio di primo grado, nel corso del quale la giovane riconobbe in udienza l’imputato come il soggetto che l’aveva aggredita e palpeggiata, si è concluso con la condanna del nostro assistito alla pena di anni 5 di reclusione per il reato di violenza sessuale.

Abbiamo proposto appello avverso la sentenza di condanna e nel giudizio di secondo grado abbiamo evidenziato tutti gli elementi che, seppur potevano sembrare a prima vista indicativi della colpevolezza del nostro assistito, in realtà presentavano una serie di ambiguità e quindi non potevano giustificare una pronuncia di colpevolezza: la ragazza aveva visto il volto del suo aggressore per pochissimi secondi ed in condizioni di oscurità; la giovane aveva riferito che il suo aggressore, probabilmente nordafricano, aveva i capelli ricci ed una età tra i 30 ed i 35 anni mentre l’imputato, filippino, aveva i capelli lisci e l’età di 45 anni; lo zainetto rinvenuto presso l’abitazione dell’imputato era di marca, modello e colori molto comuni e diffusi e pertanto non vi era certezza alcuna che si trattasse dello zainetto in possesso dell’aggressore; l’esame dei tabulati telefonici relativi all’utenza cellulare dell’imputato non consentiva di stabilire che il suo telefono impegnasse la cella telefonica che copre la zona ove si erano verificati i fatti.

La Corte di Appello ha accolto e condiviso le nostre argomentazioni difensive ed ha assolto l’imputato per non aver commesso il fatto.

Avendo l’imputato sofferto un periodo di custodia cautelare agli arresti domiciliari della durata di un anno, la Corte di Appello, all’esito di una nostra successiva istanza, ha riconosciuto al nostro assistito una somma di denaro a titolo di risarcimento per l’ingiusta detenzione. 

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