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Riforma Cartabia e Pene Sostitutive

RIFORMA CARTABIA: LE PENE SOSTITUTIVE DELLE PENE DETENTIVE BREVI

Le pene sostitutive delle pene detentive brevi

 

Sommario: 1. Il nuovo articolo 20 bis del codice penale – 2. I limiti oggettivi di applicabilità – 3. Le condizioni soggettive – 4. Il momento applicativo – 5. La semilibertà sostitutiva – 6. La detenzione domiciliare sostitutiva – 7. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo – 8. La pena pecuniaria sostitutiva.

1. Il nuovo articolo 20 bis del codice penale

La riforma Cartabia attraverso l’introduzione nel codice penale del nuovo art. 20 bis, intitolato “Pene sostitutive delle pene detentive brevi”, ha tradotto la volontà del legislatore già espressa da tempo, in linea anche con le previsioni e i principi Costituzionali, di ampliare i trattamenti penali non carcerari, rendendo la pena più affine alla finalità rieducativa e di reinserimento sociale.

Prima della riforma le pene sostitutive erano contenute e disciplinate nella sola legge n. 689 del 1981, oggi invece è anche lo stesso codice penale all’art. 20 bis ad enunciare la disciplina delle pene sostitutive delle pene detentive brevi.

Art. 20 bis codice penale:

Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981 n. 689, e sono le seguenti:

1) la semilibertà sostitutiva;

2) la detenzione domiciliare sostitutiva;

3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo;

4) la pena pecuniaria sostitutiva.

La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni.

Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni.

La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna, alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.

 

2. I limiti oggettivi di applicabilità

Il nuovo art. 20 bis del codice penale, oltre ad esordire con una clausola di riserva, richiama espressamente la disciplina contenuta nella legge n 689/81 anch’essa modificata in parte dalla riforma. Pertanto, per proseguire nell’analisi delle nuove pene sostitutive e detentive brevi è necessario richiamare innanzitutto l’art 53 della summenzionata legge:

Art. 53 della legge n.689 del 1981

Art. 53 L. 689/81 pre-riforma Art. 53 L. 689/81 post-riforma
1.Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, quando ritiene di dover determinare la pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con la semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla anche con la libertà controllata; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente

 

2. La sostituzione della pena detentiva ha luogo secondo i criteri indicati dall’articolo 57. Per determinare l’ammontare della pena pecuniaria il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Nella determinazione dell’ammontare di cui al precedente periodo il giudice tiene conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare. Il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall’articolo 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare. Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l’articolo 133-ter del codice penale.

 

3. Le norme del codice di procedura penale relative al giudizio per decreto si applicano anche quando il pretore, nei procedimenti per i reati perseguibili d’ufficio, ritiene di dover infliggere la multa o l’ammenda in sostituzione di una pena detentiva. Nel decreto devono essere indicati i motivi che determinano la sostituzione.

 

4. Nei casi previsti dall’articolo 81 del codice penale, quando per ciascun reato è consentita la sostituzione della pena detentiva, si tiene conto dei limiti indicati nel primo comma soltanto per la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave. Quando la sostituzione della pena detentiva è ammissibile soltanto per alcuni reati, il giudice, se ritiene di doverla disporre, determina, al solo fine della sostituzione, la parte di pena per i reati per i quali opera la sostituzione.

1.Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con quella della semilibertà o della detenzione domiciliare; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di tre anni, può sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente, determinata ai sensi dell’articolo 56-quater.

 

2.Con il decreto penale di condanna, il giudice, su richiesta dell’indagato o del condannato, può sostituire la pena detentiva determinata entro il limite di un anno, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità. Si applicano le disposizioni dei commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 459 del codice di procedura penale.

 

3. Ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’articolo 81 del codice penale.

L’art. 53 della già menzionata legge detta i limiti oggettivi di applicabilità delle pene sostitutive; a seguito della riforma, il giudice della cognizione potrà dunque irrogare, in sede di pronuncia della sentenza di condanna o di applicazione della pena:

la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni;

il lavoro di pubblica utilità sostitutivo in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni;

la pena pecuniaria sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.

Le principali novità consistono nell’aver esteso i limiti di pena che consentono e ammettono la pena sostitutiva da 2 a 4 anni, nell’aver abrogato due sanzioni sostitutive, la semidetenzione e la libertà controllata, e nell’aver regolamentato quattro pene sostitutive che sono: la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità e la pena pecuniaria.

3. Le condizioni soggettive

L’art. 59 della L. 689 del 1981 disciplina, invece, le condizioni soggettive di applicabilità delle varie pene sostitutive che dovranno essere poi in concreto bilanciate anche con l’amplio potere discrezionale attribuito al giudice della cognizione.

Il giudice individuerà la pena sostitutiva più in linea con le finalità rieducative e di reinserimento sociale che dovrà comportare anche il minor sacrificio della libertà personale del condannato, chiarendo in sentenza il motivo della scelta del tipo di pena sostitutiva e le modalità applicative della stessa. In particolare, quando la sanzione sostituisce una pena nel limite dei tre anni o di un anno, l’applicazione della semilibertà o della detenzione domiciliare deve essere motivata, indicando le ragioni per cui non sono idonei, nel caso concreto, rispettivamente i lavori di pubblica utilità o la pena pecuniaria. Nel compiere detta valutazioni, il giudice dovrà tenere conto della gravità del reato, della capacità a delinquere del condannato (art. 133 c.p.) oltre che dell’età, della salute fisica o psichica e della condizione di maternità o di paternità dello stesso (art.47-quinquies, comma 7, legge n. 354 del 1975).

Art. 59 Legge n. 689 del 1981:

Art. 59 L. 689/81 pre-riforma Art. 59 L. 689/81 post-riforma
La pena detentiva non può essere sostituita nei confronti di coloro che, essendo stati condannati, con una o più sentenze, a pena detentiva complessivamente superiore a tre anni di reclusione, hanno commesso il reato nei cinque anni dalla condanna precedente.

 

La pena detentiva, se è stata comminata per un fatto commesso nell’ultimo decennio, non può essere sostituita:

 

a) nei confronti di coloro che sono stati condannati più di due volte per reati della stessa indole;

b) nei confronti di coloro ai quali la pena sostitutiva, inflitta con precedente condanna, è stata convertita, a norma del primo comma dell’art. 66, ovvero nei confronti di coloro ai quali sia stata revocata la concessione del regime di semilibertà;

c) nei confronti di coloro che hanno commesso il reato mentre si trovavano sottoposti alla misura di sicurezza della libertà vigilata o alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, disposta con provvedimento definitivo ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575.

 

 

 

 

 

 

La pena detentiva non può essere sostituita:

 

    a) nei confronti di chi ha commesso il reato per cui si procede entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto non colposo durante l’esecuzione delle medesime pene sostitutive; è fatta comunque salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata;

    b) con la pena pecuniaria, nei confronti di chi, nei cinque anni precedenti, e’ stato condannato a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non l’ha pagata, salvi i casi di conversione per insolvibilità ai sensi degli articoli 71 e 103;

    c) nei confronti dell’imputato a cui deve essere applicata una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere;

    d)  nei confronti dell’imputato di uno dei reati di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli imputati minorenni.

Un importante elemento di novità offerto dal nuovo testo dell’art. 59 comma 1 della L. 689 del 1981 è l’eliminazione della preclusione collegata a precedenti condanne a più di tre anni di pena detentiva, alle quali sia seguita entro cinque anni la commissione del nuovo reato.

 

4. Il momento applicativo

Per quanto concerne il momento applicativo di queste nuove norme, esse, in quanto più favorevoli, trovano applicazione nei procedimenti pendenti in primo grado e in grado di appello nel momento di entrata in vigore della riforma.

Invece, per i procedimenti pendenti in Cassazione, è previsto un termine di trenta giorni dall’irrevocabilità della sentenza per la proposizione di una specifica istanza da parte del soggetto interessato al giudice dell’esecuzione.

5. La semilibertà sostitutiva

L’art. 55 Legge 689/81 disciplina la semilibertà sostitutiva:

Art. 55 L.689/81 pre-riforma Art. 55 L.689/81 post-riforma
La semidetenzione comporta in ogni caso l’obbligo di trascorrere almeno dieci ore al giorno negli istituti o nelle sezioni indicati nel secondo comma dell’articolo 48 della legge 26 luglio 1975 n. 354, e situati nel comune di residenza del condannato o in un comune vicino. La determinazione delle ore e l’indicazione dell’istituto sono effettuate in relazione alle comprovate esigenze di lavoro o di studio del condannato.

La semidetenzione comporta altresì:

1) il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;

2) la sospensione della patente di guida;

3)  il ritiro del passaporto, nonché’ la sospensione della validità, ai fini   dell’espatrio, di ogni altro documento equipollente;

4) l’obbligo di conservare e di presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia e nel termine da essi fissato l’ordinanza emessa a norma dell’articolo 62 e l’eventuale provvedimento di modifica delle modalità di esecuzione della pena, adottato a norma dell’articolo 64.

Durante il periodo di permanenza negli istituti o nelle sezioni indicate nel primo comma, il condannato è sottoposto alle norme della legge 26 luglio 1975 n. 354, e del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, in quanto applicabili.

La semilibertà sostitutiva comporta l’obbligo di trascorrere almeno otto ore al giorno in un istituto di pena e di svolgere, per la restante parte del giorno, attività di lavoro, di studio, di formazione professionale o comunque utili alla rieducazione ed al reinserimento sociale, secondo il programma di trattamento predisposto e approvato ai sensi dei commi seguenti.

I condannati alla semilibertà sostitutiva sono assegnati in appositi istituti o nelle apposite sezioni autonome di istituti ordinari, di cui al secondo comma dell’articolo 48 della legge 26 luglio 1975 n. 354, situati nel comune di residenza, di domicilio, di lavoro o di studio del condannato o in un comune vicino. Durante il periodo di permanenza negli istituti o nelle sezioni indicate nel primo periodo, il condannato è sottoposto alle norme della legge 26 luglio 1975 n. 354, e del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000 n. 230, in quanto compatibili.

Nei casi di cui all’articolo 66, il direttore riferisce al magistrato di sorveglianza e all’ufficio di esecuzione penale esterna.

Il semilibero è sottoposto a un programma di trattamento predisposto dall’ufficio di esecuzione penale esterna ed approvato dal giudice, nel quale sono indicate le ore da trascorrere in istituto e le attività da svolgere all’esterno.

L’ufficio di esecuzione penale esterna è incaricato della vigilanza e dell’assistenza del condannato in libertà, secondo le modalità previste dall’articolo 118 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000 n. 230.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’articolo 101, commi 1, 2 e da 5 a 9, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. Al condannato alla pena sostitutiva della semilibertà non si applica l’articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285.

La pena della semilibertà sostitutiva seppur simile presenta delle caratteristiche difformi dal regime di semilibertà, misura prevista e disciplinata dagli artt. 48-50 dell’ordinamento penitenziario; attraverso la riforma viene rivoluzionato il rapporto tra il tempo che dev’essere trascorso dal condannato in un istituto e il tempo di permanenza all’estero.

Il riformato art. 55 della L. 689/81 prevede l’obbligo di permanenza per il condannato in un apposito istituto penitenziario o in un’apposita sezione di un istituto ordinario, di almeno 8 ore e per le restati ore del giorno il summenzionato sarà impegnato in attività risocializzante di studio, lavoro, formazione, ecc., secondo un programma approvato dal giudice e predisposto dall’UEPE.

 

6. La detenzione domiciliare sostitutiva

L’art. 56 legge n. 689/1981, disciplina la detenzione domiciliare sostitutiva:

Art. 56 L. 689/81 pre-riforma

Libertà controllata

Art. 56 L. 689/81 post-riforma

Detenzione domiciliare sostitutiva

La liberta’ controllata comporta in ogni caso:
1) il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, salvo autorizzazione concessa di volta in volta ed esclusivamente per motivi di lavoro, di studio, di famiglia o di salute;
2) l’obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno, nelle ore fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del condannato, presso il locale ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza di questo, presso il comando dell’arma dei carabinieri territorialmente competente;
3) il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se e’ stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;
4) la sospensione della patente di guida;
5) il ritiro del passaporto, nonche’ la sospensione della validita’, ai fini dell’espatrio, di ogni altro documento equipollente;
6) l’obbligo di conservare e di presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia e nel termine da essi fissato la ordinanza emessa a norma dell’articolo 62 e l’eventuale provvedimento di modifica delle modalita’ di esecuzione della pena, adottato a norma dell’articolo 64.
Nei confronti del condannato il magistrato di sorveglianza puo’ disporre che i centri di servizio sociale previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, svolgono gli interventi idonei al suo reinserimento sociale.
La detenzione domiciliare sostitutiva comporta l’obbligo di rimanere nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza ovvero in comunità o in case-famiglia protette, per non meno di dodici ore al giorno, avuto riguardo a comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro o di salute del condannato. In ogni caso, il condannato può lasciare il domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita e di salute, secondo quanto stabilito dal giudice.

Il giudice dispone la detenzione domiciliare sostitutiva tenendo conto anche del programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna, che prende in carico il condannato e che riferisce periodicamente sulla sua condotta e sul percorso di reinserimento sociale.

Il luogo di esecuzione della pena deve assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato e non può essere un immobile occupato abusivamente. Se il condannato non ha la disponibilità di un domicilio idoneo, l’ufficio di esecuzione penale esterna predispone il programma di trattamento, individuando soluzioni abitative anche comunitarie adeguate alla detenzione domiciliare.

Il giudice, se lo ritiene necessario per prevenire il pericolo di commissione di altri reati o per tutelare la persona offesa, può prescrivere procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, conformi alle caratteristiche funzionali e operative degli apparati di cui le Forze di polizia abbiano l’effettiva disponibilità. La temporanea indisponibilità di tali mezzi non può ritardare l’inizio della esecuzione della detenzione domiciliare. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 275-bis, commi 2 e 3, del codice di procedura penale.

Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000 n. 230.

Al condannato alla pena sostitutiva della detenzione domiciliare non si applica l’articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285.

 

Diversamente da quanto detto in precedenza, circa il rapporto di similitudine tra la semilibertà sostitutiva prevista e disciplinata dal riformato art. 55 L. 689/81 e la misura disciplinata dagli artt. 48-50 o.p., evidenti appaiono gli elementi di diversità fra la detenzione domiciliare sostitutiva e la misura alternativa prevista e disciplinata dall’art. 47 ter o.p. (detenzione domiciliare).

La detenzione domiciliare sostitutiva è un istituto che comporta l’obbligo per il condannato di permanenza nel luogo di privata dimora o in luogo di cura, comunità o casa-famiglia, per non meno di 12 ore al giorno, valutando anche le necessarie esigenze familiari, di studio, o formazione professionale, lavoro e salute, nonché tenuto conto del programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna. Il giudice, se lo ritiene necessario per prevenire il pericolo di commissione di altri reati o per tutelare la persona offesa, può prescrivere procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, tuttavia, la temporanea indisponibilità di tali mezzi non può ritardare l’inizio della esecuzione della detenzione domiciliare sostitutiva. Inoltre, è prevista la facoltà per il condannato di allontanarsi dal domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle indispensabili esigenze di vita e di salute.

 

7. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo

Art. 56 bis Legge 689 del 1981:

  Art. 56 bis Legge 689/81
  Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

L’attività viene svolta di regola nell’ambito della regione in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non meno di sei ore e non più di quindici ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore.

La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.

Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore di lavoro.

Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica   utilità sono determinate con decreto del Ministro della giustizia, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281.

In caso di decreto penale di condanna o di sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il positivo svolgimento del  lavoro  di pubblica   utilità, se accompagnato dal risarcimento del danno o  dalla  eliminazione  delle conseguenze dannose del reato,  ove possibili,  comporta  la  revoca della confisca eventualmente  disposta,  salvi  i  casi  di  confisca obbligatoria, anche per equivalente, del prezzo, del profitto  o  del prodotto del reato ovvero delle cose  la  cui  fabbricazione,  uso  e porto, detenzione o alienazione costituiscano reato.

Al condannato alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non si applica l’articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Il nuovo articolo 56-bis riprende la nozione di Lavori di pubblica utilità contenuta nell’art. 54, comma 2 del d. Lgs. n. 274 del 2000, definendoli dunque una “prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato”. Riguardo al luogo di esecuzione della summenzionata pena sostitutiva, si prevede che il lavoro di pubblica utilità debba essere svolto nella regione in cui risiede il condannato. Invece, per quanto riguarda la durata è previsto che la prestazione di lavoro spazi tra un minimo di sei ad un massimo di quindici ore settimanali, e se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore, non eccedente però le otto ore giornaliere. Inoltre, ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di due ore di lavoro. Va inoltre menzionata la  per il condannato in caso di decreto penale di condanna o di sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, che il positivo svolgimento del  lavoro  di  pubblica   utilità,  accompagnato dal risarcimento del danno o  dalla  eliminazione  delle conseguenze dannose del reato,  ove  possibili,  comporta  la  revoca della confisca eventualmente  disposta,  salvi  i  casi  di  confisca obbligatoria, anche per equivalente, del prezzo, del profitto  o  del prodotto del reato ovvero delle cose  la  cui  fabbricazione,  uso  e porto, detenzione o alienazione costituiscano reato.

8. La pena pecuniaria sostitutiva

Art. 56 quater Legge 689 del 1981:

Art. 56 quater pre-riforma Art. 56 quater post-riforma
  Per determinare l’ammontare della pena pecuniaria sostitutiva il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare.

Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l’articolo 133-ter del codice penale.

 

Elemento di grande novità circa la pena pecuniaria sostitutiva riguarda indubbiamente il valore giornaliero minimo. Nel corso degli anni, più volte era stata posta all’attenzione della Corte Costituzione la disposizione relativa al valore minimo della quota giornaliera ritenuto oneroso e pertanto da riformare (250 euro). Grazie all’odierna riforma, l’art. 56 quater legge n. 689/1981 fissa in 5 euro il valore minimo della quota giornaliera.

Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare.

A cura degli Avv.ti Lucia Esposito e Gian Paolo Schettino

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